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Abbattere i costi ed eliminare gli sprechi con il Toyota Production System (TPS)

Perché adottare il TPS? Perché è una delle soluzioni più efficaci per reagire in maniera reattiva alle incertezze del mercato, indipendentemente dalle dimensioni dell'azienda. Il TPS, e con esso il Toyota Way su cui si fonda, è un pensiero che vede nell'uomo il suo punto di forza, e proprio per questo siamo noi che dobbiamo accettare il cambiamento, e i sacrifici che esso comporta, se vogliamo aprirci all'innovazione. Tra le tante sedi aperte nel mondo,Yoshihito Wakamatsu, sensei tra i massimi conoscitori del Toyota Production System (TPS), ha scelto la Toyota Material Handling Italia (TMHIT) per trasmettere quelli che sono i principi alla base della metodologia TPS, sulla quale il gruppo Toyota organizza da decenni la produzione. Al suo terzo viaggio in Italia, Wakamatsu è stato infatti ospite dell'evento organizzato a novembre scorso a Bologna da Toyota Material Handling Italia. Come emerge dal discorso tenuto in questa occasione dal maestro Wakamatsu, ecco dunque come il Toyota Production System risponde o, meglio, permette di far reagire anche le piccole e medie imprese all'abbattimento dei costi e all'eliminazione degli sprechi. Cinque “passi” verso il TPS Il destino di Wakamatsu s'intreccia con quello del grande colosso giapponese sin dalle origini. Infatti, entrambi nascono nel 1937: al di là della coincidenza, questo significa anche che sono passati 75 anni dalla messa in produzione della prima automobile Toyota. In seguito, Wakamatsu ha sempre lavorato per il gruppo Toyota, iniziando come semplice impiegato nelle aree relative ai costi, alla produzione, agli acquisti e arrivando poi all’ufficio commerciale. Direttamente alle dipendenze di Taiichi Ohno, padre fondatore del Toyota Production System, Wakamatsu si è dedicato negli anni all’applicazione e al miglioramento del TPS; dal 1984 ha poi cominciato a trasmettere i principi di tale sistema ad altre aziende, non solo del settore automotive, guidando di volta in volta il personale aziendale nell’efficace applicazione del metodo. «Spesso, quando sento parlare di TPS, mi accorgo che molte aziende hanno delle idee errate. Spero dunque di riuscire a fugare tali errori, comparando quello che generalmente si pensa del TPS con quello che effettivamente è in realtà. Per fare ciò è necessario che le aziende pensino a crescere in buona salute, con entusiasmo e, soprattutto, guardino sempre al futuro.» Così il sensei apre il suo discorso, indicando poi quelli che sono i cinque “passi” fondamentali della filosofia TPS per sopravvivere al cambiamento: 1) Le aziende, diversamente dall'uomo, non hanno necessariamente un termine. Pertanto non bisogna pensare ad esse come delle attività “finite”; 2) Le aziende dovrebbero avere una politica aziendale tale da assicurare in maniera stabile il lavoro ai propri dipendenti; 3) Nei paesi più avanzati, le aziende non pagano le tasse e i debiti soltanto allo Stato ma anche alla società; 4) I lavoratori non sono mai dei soggetti passivi ma col loro lavoro contribuiscono al miglioramento continuo dell'azienda; 5) Dal punto di vista manageriale, le aziende dovrebbero portare avanti la loro attività senza ricorrere all'indebitamento e prefiggendosi sempre il pareggio di bilancio. Questi appena descritti sono i principali obiettivi verso cui un'azienda dovrebbero protendere, e qui s'incorre nel primo errore riguardo il Toyota Production System: «Tutto questo, che non riguarda solo un pensiero teorico, viene recepito come un dogma rigido da applicare alla lettera, ed è per questo che le piccole e medie imprese credono che il TPS non si adatti alla loro situazione». Il TPS può essere invece applicato a tutte le realtà, indipendentemente dalla loro grandezza o dal settore di mercato al quale appartengono e questo perché il TPS non è pura astrazione ma vive dell'esperienza di un'azienda che ha assunto mille forme e cambiato continuamente assetto negli ultimi trent'anni, sfruttando i momenti di crisi a proprio vantaggio. Ma andiamo oltre. Sappiamo come i paesi più avanzati soffrano per una crisi derivante soprattutto dall'eccessivo indebitamento, e se non ci sarà una repentina reazione da parte delle imprese le cose non potranno che peggiorare in breve tempo. Sappiamo, inoltre, come la popolazione mondiale sia aumentata negli ultimi anni, siamo ormai oltre sette miliardi di persone, e come la qualità di vita si sia abbassata notevolmente per gran parte di essa. Nonostante questo, i Paesi Emergenti sono quelli che, tra le potenze mondiali, hanno acquistato maggiore forza e competitività: da qui a cinque anni, Cina, India e Brasile avranno nel mercato la stessa rilevanza dei Paesi avanzati. Incremento a livello mondiale di domanda, consumi e popolazione (traino dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto India e Cina) e stagnazione dei Paesi avanzati (USA, Giappone, EU): adesso più che mai è necessario imparare a prevedere il mercato e le attese dei clienti, «ed è proprio qui che subentra la storia della Toyota, un'azienda che ha saputo uscire dalle molte crisi interne/esterne cambiando e innovando i suoi processi» sottolinea Wakamatsu. Imparare a rialzarsi Si diceva prima che il TPS non è soltanto una teoria ma si fonda sulla realtà operativa dell'azienda Toyota. È per questo che, per comprendere il suo stretto legame con la realtà, non resta che ripercorrere brevemente la storia del gruppo, toccando i momenti di maggiore difficoltà affrontati dall'azienda, non a caso gli stessi dai quali ha tratto anche maggiore vantaggio. Nel 1965, in America c'è stata una liberalizzazione di capitali che si è poi diffusa ben oltre il continente a causa della stretta relazione tra i mercati mondiali. In quel periodo, Toyota produceva circa 700.000 automobili all'anno. «Erano gli anni in cui i costi di produzione delle aziende giapponesi erano più alti rispetto a quelli americani; per sopravvivere, le nostre imprese dovevano impegnarsi a ridurre i costi del 50%, altrimenti avrebbero perso quote di mercato». Anche in Toyota, prosegue il sensei, c'era questa stessa consapevolezza: «se in tre anni l'azienda non avesse dimezzato i costi, non sarebbe stata in grado di andare avanti», e anche se all'inizio sembrava un obiettivo difficile, scegliendo di puntare tutto sul miglioramento degli standard di sicurezza e di qualità, il risultato non si è fatto attendere. Meno di un decennio più tardi dalla prima crisi importante, Toyota era arrivata a produrre circa due milioni e 200 mila vetture; nel 1974 però la prima crisi petrolifera costringe l'azienda a rivedere il proprio sistema di produzione, puntando su una nuova tipologia di automobile, più piccola e a basso consumo, l'utilitaria. Oltre al prodotto però, c'era anche un altro aspetto da prendere in considerazione nel piano di revisione aziendale, perché l'aumento del costo del petrolio aveva innalzato anche i costi di trasporto. «L'impegno di Toyota è stato quello di riportare gli stessi costi di trasporto a quelli precedenti la crisi. In sostanza, le crisi sono state delle buone occasioni non solo per assorbire i costi ma anche per ridurli». Nel corso degli anni Novanta, invece, Toyota ha scelto la via della delocalizzazione, aprendo nuovi stabilimenti al di fuori del Giappone, di modo da produrre sul posto ciò che poi doveva essere venduto in quel paese. Si è dunque rinunciato a far crescere l'azienda in Giappone in favore della diversificazione della produzione, ottenendo un'ulteriore riduzione dei costi del 30%. Nel 2007, Toyota raggiunge il suo primato con oltre 8 milioni di vetture prodotte ma, contemporaneamente, si verifica la pesante crisi bancaria che vede coinvolto anche il gruppo Lehman, e l'azienda decide di pianificare la produzione non più sulla base degli ordini ma sulle previsioni di vendita, avendo come margine circa sei mesi di scorte. Arrivando al 2011, la produzione annua di Toyota è scesa a 7.200.000 veicoli, un decremento che ha portato a una nuova politica di riduzione dei costi del 30% nei prossimi anni. «Non si può vincere nella competizione sui mercati in crescita se non si riducono i costi/prezzi, rispondendo alle esigenze dei clienti e senza ridurre il livello di sicurezza e di qualità. Pertanto, se negli anni Novanta si era optato per la delocalizzazione della produzione e del commercio, adesso negli stessi paesi dove sono già presenti dei nostri stabilimenti verrà avviata anche la fase di ricerca e sviluppo». TPS e SPS Vendite, produzione e consegna dei prodotti costituiscono le fasi di un flusso ininterrotto dal quale dipende il buon andamento dell'azienda. Il flusso logistico in uno stabilimento di assemblaggio ha un tempo ciclo di 80 secondi. In Toyota, la vettura è pronta dopo 15 ore circa dall'inizio della fase di montaggio e viene realizzata pensando a quella che sarà la fase successiva a quella di produzione, ovvero la consegna. Ad esempio, verranno realizzate prima le vetture trasportate via mare, poi quelle via camion e così via; in questa stessa sequenza, le vetture vengono immesse una per una, e non come lotto (come tradizionalmente avveniva nelle aziende automobilistiche), sulla linea di produzione. Inoltre, essendoci sempre il cliente al primo posto, ciò che è stato concordato nel contratto (stipulato 38 giorni prima della consegna e 27 dall'avvio delle ordinazioni verso i fornitori) viene verificato nuovamente due settimane prima della realizzazione vera e propria della vettura. Nel mondo automotive, un flusso logistico si compone di 202 processi e ciascun processo viene realizzato in circa 60 secondi, almeno sulla carta. Spesso infatti, a seconda dei processi il tempo impiegato è differente e lungo la catena di montaggio ciascuna vettura è diversa da quella che la precede e la segue, così da richiedere maggiore sforzo (la ricerca e il prelievo del giusto componente) e tempo da parte dell'operatore per compiere ogni processo. «La soluzione Toyota evita tutto questo grazie al sistema SPS (Set Parts Supply system)». Infatti, la vettura procede mentre gli operatori, posti da ambo i lati, assemblano le varie parti. I componenti avanzano con la vettura e vengono date delle indicazioni, a seconda della postazione, per prelevare solo il componente necessario in quella fase. Così facendo, si impiegano solo 2-3 secondi per il montaggio di ciascun componente e la fase di assemblaggio viene completata in 60 secondi. «Purtroppo nella maggior parte delle aziende manca la consapevolezza della necessità di uniformare il tempo impiegato per ogni processo. La riduzione dei costi è legata anche a questo tipo di soluzioni, che non riprendono altro se non i principi del just in time e dell'automazione» spiega Wakamatsu. «Se volessimo rappresentare il sistema Toyota con un edificio, che chiameremo TPS, i due pilastri portanti sarebbero proprio il Just-in-Time e il Jidoka, mentre le pareti sarebbero composte da sei elementi (produzione a flusso, combinata, pull system, operazioni standard, Hitozukuri, Kaizen). Le fondamenta di questa struttura consisterebbero invece in una base di livellamento che permette di bilanciare la produzione». Just in time. Per produrre entro i tempi di produzione stabiliti è indispensabile la sincronizzazione tra i processi che, come si è detto, sono parte di un unico flusso logistico. Inoltre, stabilito il tempo ciclo di ogni processo, l’operatore lavora all’interno di esso. Sulla base della sua esperienza personale, Yoshihito Wakamatsu ha individuato i tempo ciclo standard per alcuni settori industriali: Auto: 60’’ (da 50’’a 80’’); componenti correlati 30’’ (da 20’’a 40’’) Impianti industriali: 120’’ (da 100’’a 200’’); componenti correlati 60’’ (da 30’’ a 60’’) Abitazioni: 60’’ (da 40’’ a 80’’); componenti correlati 30’’ (da 20’’a 80’’) Elettrodomestici: 30’’ (da 20’’ a 40’’); componenti correlati 30’’ (da 20’’a 40’’) Rispettare i tempi significa poter lavorare con operazioni standard. Inoltre, basare la produzione (monozukuri) sulla tempistica permette di suddividere equamente l’utilizzo del tempo (carichi di lavoro) tra gli operatori, di rispettare il programma di produzione, rendendo maggiormente consapevoli i lavoratori del loro valore all'interno dei processi. Jidoka. Una produzione flessibile rispetto agli ordini ricevuti, che sia “buona, veloce ed economica” non può che garantire un elevato livello di sicurezza e qualità della supply chain, sulla quale avviene un controllo pari al 100% dei processi, aspetto reso possibile grazie all'automazione. In Giapponese l'ideogramma del termine jidoka può contenere un segno che indica “persona/essere umano” oppure può esserne privo. In questo secondo caso, jidoka sta ad indicare semplicemente l'automazione, manca cioè l'elemento umano. «Cosa comporta la presenza dell'uomo nell'automazione? Comporta che la sicurezza, la qualità sono assicurate per ogni processo». In Toyota, infatti, è compito dell'operatore verificare gli impianti di cui è responsabile, monitorare le fasi assegnategli e accertarsi che le operazioni siano state eseguite correttamente. A differenza del controllo a campione, il controllo totale dei processi prevede che ad ogni operazione effettuata segue una verifica, così da individuare esattamente il punto esatto dell'anomalia nel caso in cui questa dovesse verificarsi. Il responsabile può così fermare la produzione, adottare le misure necessarie per risolvere il problema e riavviare il flusso in giornata. Come ottenere il miglioramento continuo (kaizen) La filosofia Toyota poggia sul principio molto semplice di progettare ogni automobile con grande precisione, dedicando la stessa cura e attenzione a ciascuna fase del ciclo produttivo. L'idea alla base del TPS è il “kaizen”, ovvero il miglioramento continuo, che incentiva alla ricerca della qualità totale e, di conseguenza, all'eliminazione degli sprechi. Nelle grosse aziende c'è uno sforzo continuo da parte della direzione per trovare gli sprechi, con l'aiuto anche degli altri collaboratori aziendali. Spesso però, individuare gli sprechi non significa eliminarli. Infatti, se la direzione non persiste su tale argomento, capita inevitabilmente che ci si dimentichi di prendere dei provvedimenti affinché tali sprechi vengano rimossi. Affinché ci sia una continuità nella ricerca degli sprechi, è indispensabile procedere fase per fase, area per area, concentrarsi su un aspetto per volta. Inoltre, conclude il sensei Wakamatsu, «è importante non affidare a una sola persona la ricerca e la risoluzione dei problemi, ma chiedere al signor A di cercare lo spreco, al signor B di trovare una soluzione e al signor C di pensare a come mettere in pratica tale soluzione. Si crea così un team di lavoro che, oltre ad apportare valore all'azienda, stimola la crescita di ciascuno dei suoi componenti». Può capitare inoltre che, seppur presenti in azienda, non ci si accorga degli sprechi perché “nascosti” da altro, come ad esempio le scorte. In questo caso, «è importante guardare agli sprechi eliminando prima ciò che ostruisce lo sguardo (scorte) e lasciare che chi abbia individuato tali ostacoli possa contribuire a far sparire anche gli sprechi, altrimenti l'intera ricerca diventa controproducente». (Sintesi del discorso di Yoshihito Wakamatsu, sensei TPS fonte Logistica Management)



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